Sceneggiatura Andrea Piva Interpreti Paolo Sassanelli Dino Abbrescia Dante Maimone Italia 1999 Durata 75' Recensione Curiosità Il sito ufficiale |
LACAPAGIRA di Alessandro Piva Bari, gli ultimi brividi di un inverno molto freddo. Una banda della piccola malavita fruga nel giorno e nella notte della periferia, alla ricerca di un prezioso pacchetto spedito dai Balcani e destinato a non giungere mai alla sua ultima meta. Cosa contiene il pacchetto? Un materiale importante per i nostri personaggi; per lo spettatore, un passe-partout che apre le porte di un sottobosco cittadino frastagliato e sorprendente. |
LACAPAGIRA PROJECT di Marco Spagnoli Lacapagira è un film curioso. Non tanto per la sua qualità artistica, per le sue ben note vicissitudini produttive, per i sottotitoli in italiano o per la sua storia, quanto piuttosto perché mentre lo si guarda non si può fare a meno di scacciare la singolare impressione che se il neorealismo non fosse per assurdo mai finito, film come questo sarebbero considerati certamente come i suoi degni eredi. Lacapagira, infatti, è una sorta di post pulp pugliese dalle fortissime venature sociali. Sorprendente per la sua attualità (i videopoker che popolano le cronache di questo scorcio di 2000 sono al centro dellazione ), questo film racconta Bari e la Puglia attraverso una situazione estrema, fornendoci in cambio una prospettiva nuova e interessante sulla criminalità locale. Gli intenti della pellicola sono principalmente sociali. I suoi protagonisti sono uomini e donne che si possono incontrare e perfino riconoscere per la strada. Malviventi che per andare avanti nella vita di una squallida periferia, non sanno fare di meglio che sfruttare i vizi degli altri. Ed è forse proprio questo che ci rende questo film tremendamente simpatico. Il suo realismo - nuovo o vecchio che sia - è sì il frutto di unanalisi della realtà dalle venature buoniste, ma soprattutto è il risultato di unosservazione benevola dove i veri criminali, sicuramente i più pericolosi, non sono tanto quelli che offrono la droga o consentono di sperperare magri stipendi rincorrendo una scala reale o un poker, quanto piuttosto i clienti di questi giri e di questi traffici. I piccoli delinquenti capeggiati da una sorta di rais incapace perfino di farsi togliere una multa, azzardano amplessi clandestini nel retrobottega di un basso oppure fanno gli scemi con le ragazze sul lungomare. Le "brave" persone, invece, la droga la cercano e la vogliono a tutti i costi per sballare e per farsi girare la capa. Sono capaci perfino di farsi venire a cercare dalle mogli in pena, pur di sperperare i soldi dellaffitto, del mutuo, della scuola del figlio di fronte a una macchinetta mangiasoldi. Gli altri, i cattivi, stanno lì a guardare: a bere birra da soli, magari anche a giocare a biliardo o a vantarsi su chi è più uomo. Ma lorizzonte del vizio non è il loro e quando qualcuno irrompe nelle loro vite a scatenare una guerra tra poveri, allora sì che la capa gira E mentre 'sta capa gira, si guarda intorno. Vede un buon film interpretato da un gruppo di attori in gamba, e mentre cerca di scorgere più in là il denaro che ovviamente servirebbe a migliorare tanti piccoli dettagli, intravede ancora uno sceneggiatore e un regista che non lesinano inquadrature e riprese di qualità a un film dal ritmo martellante, che ti fa pensare tante cose come lidea balzana che le idee contano sempre qualcosa di più dei soldi. Gira la capa, la capa gira e mentre mesi dopo vediamo alcuni personaggi "redenti" per forza, il fumo della sigaretta che esce dalla bocca di una ragazza in Mercedes ci appare come il tenue velo che separa gli uomini e le donne della Bari del Duemila. Chiusi in un vizio, affogati nella stessa noia e alla ricerca disperata di un business. Che da oggi in poi potrebbe essere quello del cinema. E allora sì che la capa gira e va ancora più lontano, verso altri porti e altre periferie. In cerca di altri autori e registi che abbiamo il coraggio di lasciarsi andare a un sogno, facendo girare la capa e fare film. C U R I O S I T A' LA PAROLA AL REGISTA Nato nel '66 a Salerno, Alessandro Piva vive a Roma. Ha vissuto a Bari, dove è ambientato Lacapagira, negli anni del liceo. Diplomatosi in montaggio al Centro Sperimentale di Cinematografia, ha lavorato come montatore per alcuni anni. Si è cimentato anche nella scrittura, conseguendo nel 92 e nel 93 la menzione speciale al Premio Solinas per sceneggiature. Ha girato diversi reportage e qualche cortometraggio. Tratta dal sito Internet de Lacapagira, questa è lagiografia di Alessandro Piva, il regista de Lacapagira di cui tutti i cinefili dovrebbero tenere una foto ricordo vicino ai numeri del Lotto. Così come a Napoli si fa per San Gennaro. E non importa se il suo film vi è piaciuto oppure vi ha disgustato. Piva ha dimostrato che un film di "qualità" si può fare in Italia con poco. Trecento milioni per una pellicola cult dalla grande intelligenza stilistica e concettuale. E nellera del Piottismo e delle soubrette attrici, a dei giovani autori ed attori che fanno del vero cinema va riconosciuto il giusto tributo. Piva, qual è la vera forza de Lacapagira? Forse tutto quello che è accaduto è solo il risultato dellavere deciso di fare di necessità virtù. Il cinema indipendente fa del continuo riferimento alla creatività e allingegno la sua ragione di essere, a scapito anche di elementi importanti come il denaro. Come è nato questo film? A me piace raccontare delle storie. Vista la mia età e la mia manualità ho ritenuto che il cinema stimolasse questa mia predisposizione a immettere e a coordinare delle energie creative e a realizzare un prodotto ricco di suggestioni. Tutto il resto deve venire da sé. E il sito Internet di Lacapagira è un modello di autopromozione Non abbiamo tantissimi contatti (circa tremila al mese), ma ci siamo accorti che la loro qualità è elevatissima. Il pubblico che ha visto il film si sente molto sollecitato e incuriosito a seguire gli sviluppi sul sito Internet. Per noi è stato il filo diretto con le persone, un modo per rimanere legati alle persone che hanno visto la pellicola al cinema. E le tante critiche dei baresi che si trovano sul sito? Servono a farci crescere come professionisti. Perché secondo lei tanti film sono stati recentemente girati in Puglia? Certi paesaggi della Puglia e della Basilicata ricordano le distese sconfinate delle terre di nessuno tanto amate dal cinema americano. Un altro fattore è che la Puglia è logisticamente più vicina a Roma e il rapporto fra territorio e popolazione è ancora chiaro. Non è come in Sicilia, dove devi per forza prendere certe comparse e dove esistono rapporti clientelari più torbidi. La Puglia è terra vergine per il cinema e ci sono entusiasmi differenti. Quindi lei ritiene che siano solo motivazioni di carattere produttivo? Non solo. La Puglia oggi come oggi è la vera frontiera italiana. LAdriatico di notte diventa una porta con i suoi traffici di uomini, armi, sigarette e droga. E la frontiera al cinema è sempre piaciuta, perché funziona come luogo di chiaroscuri e di grandi contrasti. Con le sue tensioni e le sue contraddizioni la Puglia risulta molto moderna e si presta ad essere raccontata adeguatamente dal cinema. Quali sono gli accenti che avete voluto marcare in Lacapagira? Innanzitutto quello linguistico, il che ci ha costretti a sottotitolare il film per proiettarlo fuori da Bari. Poi abbiamo voluto ancorare la pellicola ad una realtà sociale molto forte. Del resto questo film poteva essere girato ovunque. Anche alla periferia di Città del Messico. Lacapagira risente di una dimensione molto europea Qualcuno lha definito come "glocal" ovvero globalmente locale. Le periferie si assomigliano tutte nella società occidentale, anche se chi si sente protagonista della pellicola lo apprezza ancora di più. Io credo che sia importante concentrarsi su una realtà piccola per poi fare delle cose che abbiano una potenza evocativa e un impatto narrativo universali. I paragoni che vengono fatti sono tanti. Questo la disturba? Fa parte del gioco, è un esercizio dei giornalisti che poi facciamo anche un po tutti noi nel nostro piccolo. Finché sono paragoni nobili, non mi dispiacciono affatto. Che cosa dobbiamo imparare dal fenomeno Lacapagira? Il cinema indipendente serve per stimolare quello ufficiale delle grandi produzioni. La lezione de Lacapagira è quella di non bloccarsi per rimanere arroccati su vecchi modi di lavorare. E assurdo spendere soldi in manifesti costosissimi, nel continuo riproporre innumerevoli trailers o in campagne pubblicitarie vecchio stampo. Oggi il cinema indipendente deve insegnare anche un modo nuovo di proporsi al pubblico sia dal punto di vista pubblicitario che cinematografico. |